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La Coppa di Nestore

Non ci si accorge di quanto sia importante una cosa finché non si corre il rischio di perderla. D’accordo, è una frase un po’ abusata (molto spesso utilizzata per le persone oltre che per le cose) ma è quello che è successo nel 2015 con il Museo Archeologico di Pithecusae a Lacco Ameno. A un certo punto si paventò l’ipotesi di vendere Villa Arbusto, l’immobile in cui è ospitato il museo, e in poco tempo la notizia fece il giro del web.

Ad occuparsi della vicenda l’Associazione Ranuccio Bianco Bandinelli (fondata dal critico d’arte, nonché sindaco di Roma, Giulio Carlo Argan), e subito dopo anche l’ex governatore della Regione Campania Antonio Bassolino. In entrambe i casi l’attenzione venne rivolta soprattutto al reperto più importante del museo, quella Coppa di Nestore la cui importanza travalica abbondantemente i confini regionali e nazionali della vicenda, peraltro conclusasi positivamente scongiurando l’ipotesi vendita.

In altri termini, il prestigio della Coppa di Nestore garantì l’eco necessaria alla questione con il solerte interessamento del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e di una vasta platea di intellettuali, artisti e politici della Prima e Seconda Repubblica. Del resto si tratta di uno degli esempi più antichi di scrittura alfabetica greca, nonché della prova regina che fa di Ischia la prima colonia della Magna Grecia.

Nient’altro che un piccolo reperto ceramico, eppure in grado di proiettare il nome dell’isola d’Ischia nel mondo. Il motivo di tanta popolarità è l’incisione grafica laterale alla coppa che – ricordiamo – faceva parte del corredo funebre di una delle tante tombe della necropoli di San Montano a Lacco Ameno.

Di Nestore… la coppa buona a bersi. Ma chi beva da questa coppa, subito quello sarà preso dal desiderio d’amore per Afrodite dalla bella corona” (Νέστορός: [εἰμι]: εὔποτ[ον]: ποτέριο[ν] hὸς δ᾽ἂν το̃δε π[ίεσι]: ποτερί[ο]: αὐτίκα κε̃νον ἵμερ[ος αἱρέ]σει: καλλιστ[εφάν]ο: ᾽Αφροδίτης).

Secondo buona parte degli archeologi che hanno studiato la coppa, l’iscrizione fa riferimento all’XI libro dell’Iliade in cui Omero narra appunto della leggendaria coppa dell’eroe acheo Nestore, tanto grande che occorrevano diverse persone per spostarla. Non è il caso della coppa omonima custodita nel Museo di Pithecusae che però col poema omerico condivide all’incirca il periodo di fabbricazione.

Più precisamente, il 750 a. C. il testo di Omero; di qualche anno successiva (l’ultimo quarto dell’VIII sec. a. C.) la “kotyle rodia portata alla luce nel 1955 dall’archeologo Giorgio Buchner. Dalla contemporaneità dei due reperti (l’Iliade e la Coppa di Nestore) la prova – cui abbiamo fatto riferimento sopra – che Pithecusa fu la prima colonia della Magna Grecia; il primo avamposto nel bacino del Mediterraneo occidentale in cui scelsero di insediarsi stabilmente i coloni provenienti dall’isola di Eubea.

La scelta di Ischia fu prettamente commerciale. La vicinanza con la colonia fenicia dell’Elba rendeva vantaggioso accaparrarsi il ferro delle cave elbane in cambio degli unguenti e le ceramiche provenienti da Oriente. Insomma, la Coppa di Nestore ha rappresentato il viatico per una più esaustiva ricostruzione dei traffici alla base dei primi insediamenti greci nel Mediterraneo. Un’importanza storica fondamentale che spiega di riflesso anche l’importanza culturale e turistica dell’isola più grande del Golfo di Napoli.

Ischia Vi aspetta!

Author: ischia.land

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