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Le case di pietra, patrimonio dell’isola d’Ischia

I contadini dell’isola d’Ischia hanno sempre vissuto in condizioni molto dure, talvolta estreme. I campi da coltivare spesso erano a chilometri di distanza dalle abitazioni ed è questo il motivo per cui la giornata di lavoro, per molti, cominciava ancor prima dell’alba. Bisognava raggiungere a piedi, o in sella a un asino, la terra del padrone da lavorare per poi (non tutti) avere la possibilità di dedicarsi in pomeriggio alla propria.

Storie
Il nostro cellaio era stato scavato nel tufo dal nonno Giovanni, il padre di mio padre. S’intravedevano ancora, sulla volta, e lungo le pareti, le impronte lasciate dal piccone; n’erano cento, mille e mille ancora e, tutte insieme, formavano quasi un ricamo. A quella vista non potevo fare a meno di pensare alle bianche braccia scoperte di quel vecchio ricurvo, che, per giorni e giorni, in una grotta buia, avevano vibrato colpi su colpi contro la pietra. Livide braccia, sotto il chiarore malato di una lucerna, che si erano fermate solo quando quel vecchio cadde esamine, colpito da polmonite.
(Merecoppe. Storie di miseria e di grazia nelle terre d’Ischia, Nino Caparossa, Imagaenaria edizioni)

Venivano, però, periodi dell’anno in cui tornare a casa non conveniva. Quando c’era da vendemmiare, per esempio, ma pure in occasione della cosidetta “potarella” la periodica manutenzione dei vigneti. Un obbligo improcastinabile per il buon esito del raccolto da cui derivavano le sorti economiche per l’anno a seguire. Da qui, l’idea di riadattare ad alloggi temporanei i mega blocchi di tufo presenti in tutto il versante occidentale dell’isola d’Ischia.

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In qualche caso –  il borgo del Ciglio, ad esempio – le case di pietra sono diventate dimore stabili ma, il più delle volte, esse venivano sfruttate solo in circostanze particolari quali quelle evidenziate in precedenza.  Nel bosco della Falanga, a Forio, ce ne sono diverse, a dimostrazione, tra l’altro, che un tempo la vite veniva coltivata fino alle pendici del Monte Epomeo, ben oltre i 500 metri sul livello del mare.

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Tracce importanti dell’antica architettura rupestre che vanno a sommarsi alle parracine e alle cisterne per la raccolta dell’acqua piovana di cui vi abbiamo già raccontato. Soprattutto, le case di pietra raccontano la straordinaria capacità di adattamento delle antiche maestranze contadine. Oggi che le cose sono irrimediabilmente cambiate visitare questi luoghi, approfondire questi aspetti, è esercizio irrinunciabile per chiunque voglia davvero conoscere l’isola più grande del Golfo di Napoli.

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Un’isola, non ci stancheremo mai di ripeterlo, che è molto più di una semplice località balneare ma un concentrato di storia, arte, cultura e tradizioni popolari, difficilmente riscontrabile in tal quantità in altre piccole realtà.

Vi aspettiamo!

 

Author: ischia.land

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