Vivara è la parte emersa di un cratere sottomarino molto antico; c’è chi sostiene addirittura precedente ai Campi Flegrei. A conferma di quest’ipotesi, i sedimenti di ialoclastiti, pomici, ceneri, piroclastiti e tufo giallo ben visibili nel tratto di costa dell’isola che delimita il piccolo golfo di Genito. Per accedervi, bisogna percorrere la salita di Santa Margherita Vecchia, al termine della quale c’è il ponte, di proprietà dell’Acquedotto Campano, che la unisce a Procida.
L’isola è dal 2002 Riserva Naturale Statale, con un proprio Comitato di Gestione Permanente cui è demandata la tutela del bene. Il Comitato, assieme alla Fondazione Albano Francescano (proprietaria di Vivara), al comune di Procida e alle associazioni ambientaliste presenti sul territorio, più volte, durante l’anno, rende fruibile al pubblico questo piccolo gioiello naturalistico in mezzo al golfo di Napoli.
“Solo” – si fa per dire – 32 ettari di macchia mediterranea, che qui sovente raggiunge dimensioni arboree. Corbezzolo, mirto, leccio, quercia roverella, carrubo sono solo una parte della straordinaria flora spontanea dell’isola che, non a caso, veniva utilizzata dai Borbone come riserva privata di caccia.
Ma Vivara non è importante solo da un punto di vista naturalistico. Sull’isola, infatti, ci sono diversi reperti: il primo è la “Casa del Caporale”, una piccola costruzione abitata dal guardiano dell’isola al tempo di re Carlo III; più all’interno, ci sono due fortini e una piccola gendarmeria costruiti, invece, dai soldati del generale francese Gioacchino Murat (re di Napoli dal 1808 al 1815); infine, due case coloniche: una del Duca di Bovino Giovanni Guevara, esponente della famiglia proprietaria anche della Torre di Sant’Anna sull’isola d’Ischia; la seconda dei fratelli La Chianca, antichi proprietari di Vivara.
In verità c’è anche un altro edificio, mai terminato, chiamato la “Tavola del Re”. Si tratta di un’abitazione – più corretto dire un solaio – disegnata da Lamont Young (1851 – 1929), architetto napoletano, di padre scozzese e madre indiana, al cui ingegno si devono diverse opere nella città di Napoli. Tra le altre, il Castello Aselmayer in corso Vittorio Emanuele, senza dubbio l’opera più famosa di questo talentuoso architetto morto suicida all’età di 78 anni.
E chissà cosa ne sarebbe venuto fuori se Lamont Young fosse riuscito a terminare quest’edificio a sud dell’isola di Vivara. Un capriccio incompiuto, destinato a rimanere tale, che dalla sua ha una vista meravigliosa, con il Castello Aragonese di Ischia così vicino che sembra di poterlo toccare.
Insomma Vivara è una tappa importante per la conoscenza del golfo di Napoli. Venire in vacanza a Ischia, magari già a Pasqua (generalmente il primo ciclo di visite sull’isola di Vivara si effettua nei giorni del ponte pasquale), può essere l’occasione per visitare questa piccola-grande isola attaccata a Procida. Vi aspettiamo!
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