Una bolla del 1306 per rivendicare il diritto dell’allora Università di Forio ad avere un parroco residente in quel di San Vito. Il primo documento su questa chiesa risale dunque agli inizi del XIV secolo, circostanza che ne fa la parrocchia più antica dell’isola d’Ischia seguita, a stretto giro, dalla chiesa di San Giorgio a Testaccio e da Santa Maria della Mercede a Fontana.
C’è però anche un’altra versione che addirittura retrodata al ‘200 la costruzione dell’edificio. A farsene interprete Don Pietro Monti, il prete artefice del Museo archeologico di Santa Restituta, il quale sosteneva che nel XIII secolo la chiesa si trovasse a Citara, e che solo in seguito era stato deciso di costruirne una più grande al centro di Forio.
Una tesi, quest’ultima, che non ha trovato finora sufficienti riscontri, mentre non c’è dubbio sul fatto che nel ‘200, nel ‘300 e anche nel ‘400 il casale di San Vito fosse l’unico vero nucleo abitato del paese. Infatti, fu soltanto successivamente che le abitazioni cominciarono a estendersi verso il mare, concentrandosi per lo più attorno la chiesa di Santa Maria di Loreto.
Tornando a San Vito la forma attuale risale – almeno per la maggior parte – al ‘700. Di questo secolo sono l’ampliamento della chiesa, l’altare maggiore, le decorazioni in stucco e il pavimento. Idem la statua del santo disegnata dal grandissimo Giuseppe Sammartino (autore del “Cristo Velato” custodito nella Cappella Sansevero a Napoli), e i quadri del pittore di Lacco Ameno Alfonso Di Spigna.
Precedenti (del ‘600) i quadri dell’altro artista locale, Cesare Calise, mentre il pannello maiolicato raffigurante il santo che si trova sopra il portale d’ingresso è del 1881, due anni prima del terremoto che devastò Casamicciola e, in parte, Lacco Ameno e Forio.
Infine qualche curiosità.
La prima ha a che fare con il quadro alle spalle dell’altare maggiore. Stiamo parlando della “Madonna con San Vito e Santa Caterina d’Alessandria” opera del Di Spigna. La particolarità della tela sta nella raffigurazione, in basso a sinistra, dello sky line di Forio. Un espediente all’epoca abbastanza comune per invocare la protezione mariana sulla comunità locale.
La seconda, invece, riguarda la torre destra dove sono collocate le campane che suonano durante le celebrazioni domenicali (sulla torre sinistra c’è l’orologio). Il “campanone” al primo piano della torre fu donato alla chiesa di San Vito da re Ferdinando II di Borbone, a cui l’isola deve davvero moltissimo. Sua, tra le diverse opere realizzate, anche la chiesa di Portosalvo sul porto d’Ischia.
Quanto al culto di San Vito, i foriani hanno sempre invocato la protezione del patrono contro le malattie della vite. Questo è il motivo per cui dalla mano sinistra della statua pende un grappolo d’uva. La viticoltura, infatti, ha rappresentato per secoli la principale fonte di sostentamento del territorio e, anche oggi che non lo è più, scalzata dal turismo, resta pur sempre un fortissimo tratto identitario con importanti ricadute economiche.
Last but not least, la lapide marmorea che ricorda i caduti foriani dell’8 settembre 1943. Il marmo si trova su un lato del sagrato che precede l’ingresso e ricorda i 13 cittadini di Forio (uomini, donne e bambini) che il giorno dell’armistizio persero inspiegabilmente la vita a seguito di un bombardamento inglese, la cui dinamica non è mai stata chiarita del tutto (un evento analogo si era verificato qualche mese prima a largo di Ventotene sempre ad opera dell’aviazione britannica).
Le festività in onore del santo patrono di Forio ricorrono dal 14 al 17 giugno. Quattro giorni di festeggiamenti con messe, processioni (via terra e via mare) e gli immancabili fuochi d’artificio.
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