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La Grotta del Mago

C’è un anfratto, a Ischia, che per bellezza e storia se la gioca con la Grotta Azzurra di Capri. Eppure, quest’ultima è tra le attrazioni turistiche più visitate al mondo, mentre la fama della Grotta del Mago – questo il nome dell’antro ischitano – è assai più circoscritta.

La differente popolarità dei due luoghi si spiega col primato turistico dell'”isola di Tiberio”. Le fortune turistiche di Capri, infatti, precedono di molti anni quelle ischitane. Soprattutto, il turismo caprese, al pari di quello della costiera sorrentina, ha sempre avuto una dimensione internazionale che Ischia, invece, ha acquisito soltanto dopo la seconda guerra mondiale.

Un esempio può essere utile a chiarire meglio quel che si va dicendo. Nel 1933 il giornalista ischitano Luigi Patalano – noto, tra le altre cose, per esser stato il primo proprietario di quella che poi diverrà “La Colombaia” di Luchino Visconti – scrisse un articolo per il “Corriere d’America” di New York dal titolo “La Grotta d’argento a Ischia”.

Sciaguratamente, però, il giornale pubblicò l’articolo col titolo “La Grotta d’argento a Capri” vanificando l’operazione pubblicitaria del Patalano. A parte quest’aneddoto, negli anni ’30 del secolo scorso la celebrità della Grotta del Mago era dovuta principalmente alla disputa accademica tra due gruppi di studiosi divisi sull’origine del sito.

Da un lato, la suggestione dell’origine umana dell’anfratto, tesi sostenuta dai professori Giovanni Platania, Mario Puglisi e l’ingegnere Nicola Ciannelli; dall’altro, invece, l’archeologo Giorgio Buchner e il geologo Immanuel Friedlaender sostenitori della genesi naturale della grotta.

I primi ritenevano che anticamente la grotta fosse stata un tempio per la celebrazione di culti magico-religiosi. A persuaderli la presenza di ulteriori cunicoli che lasciavano supporre l’esistenza di un percorso scavato tra le rocce. I secondi, invece, attribuivano più banalmente l’origine della grotta, e dei suoi cunicoli interni, alla millenaria azione erosiva del mare.

La querelle, condotta a colpi di articoli di giornale e pubblicazioni scientifiche, ebbe però anche un altro merito: diffondere, insieme alle tesi dei due gruppi, la leggenda popolare secondo cui la grotta era abitata da un gigante dalla folta chioma bianca.

Un gigante buono che, oltre a offrire riparo dalla pioggia ai pescatori ischitani, garantiva loro “pesche miracolose”, decisive per i rispettivi bilanci familiari. Questa leggenda spiega anche il topos “Grotta del Mago” con cui da anni viene identificato il luogo, in precedenza chiamato “Grotta di Terra”, “Tisichiello”,  “Grotta del Sole”, “Grotta di Bordo” fino al “Grotta d’Argento” in precedenza richiamato.

Non solo. Sempre in quegli anni il proprietario del terreno sopra la grotta (che si trova nel versante sud-orientale dell’isola, tra la Baia di Cartaromana e Punta San Pancrazio) pensò bene di sfruttare l’improvvisa popolarità del luogo aprendo un ristorante e facendo una serie di lavori per rendere la grotta visitabile anche da terra. Una mareggiata, però, vanificò l’impresa che, poi, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, non venne ritentata.

Negli ultimi tempi, invece, l’attenzione scientifica nei confronti della Grotta del Mago è ricominciata. Stavolta a far discutere non è più l’origine del sito, ma la presenza delle cosidette “bollicine”, fenomeno da sempre presente nei fondali attorno il Castello aragonese dovuto alla risalita dell’anidride carbonica dal sottosuolo.

Per vedere la Grotta del Mago ci sono diverse soluzioni. La più turistica è la classica escursione in motonave, mentre se siete interessati a esplorare i fondali ci si può affidare a uno dei diving center che ci sono a Ischia.

Vi aspettiamo!

Author: ischia.land

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